martedì 4 settembre 2007

C’è chi parla solo e chi paga e basta

I politici discutono perché non sanno che pesci prendere e noi veniamo massacrati dalle tasse


Parole, parole, parole. Il grande successo di Mina è tornato di moda nella nuova cover proposta dalla sinistra italiana. Veltroni, Prodi, Padoa-Schioppa, Bertinotti, Diliberto, Ferrero e così via: tutti, ma proprio tutti hanno voluto pronunciare una qualche parola sulle tasse. Chi le vuole di più. Chi le vuole di meno, chi le vuole solo per Berlusconi, chi le vuole solo per Valentino Rossi. E mentre prima provavano a fregarci proponendo una quantità incredibile di numeri per confonderci, adesso non fanno più nemmeno quello: via i numeri, rimangono solo le parole. Quelle di Veltroni che chiede segnali di allentamento della pressione fiscale, quelle di Prodi che dice “prima i conti pubblici” e quelle di Gavino Angius che chiede i due si mettano d'accordo su “come governare l'Italia”. Parole, parole, parole.

E poi ci siamo noi, che delle parole non ne possiamo più, perché mentre loro parlano, noi paghiamo le tasse. E ne paghiamo sempre di più. Tasse, tasse, tasse. E' questo il nostro triste ritornello quotidiano. Ed ogni giorno che passa mentre loro fanno una dichiarazione, noi paghiamo una nuova imposta. Al momento ne abbiamo 67, di cui alcune addirittura non danno gettito: lo Stato spende per riscuoterle più di quanto incassa. Per tacere poi del fatto che i nostri stipendi crescono ad un ritmo bassissimo, mentre il costo della vita corre veloce. E se poi vogliamo parlare della casta e di tutti i soldi che sprecano, considerate che la pubblica amministrazione costa in media ad ogni cittadino 5.564 euro: solo in Francia costano di più, a fronte – però – di un servizio nettamente migliore. Ed i mutui intanto crescono: secondo l'Adoc (associazione dei consumatori) quelli variabili potrebbero aumentare fino a 700 euro l'anno. Ma loro, coloro che ci governano, chiacchierano. E le tasse aumenteranno ancora. Ma come se non bastasse, paghiamo ancora di più di quello che crediamo di pagare.

Il perché ce lo spiega Giancarlo Pagliarini, ministro al Bilancio del primo Governo Berlusconi. “La pressione fiscale ufficiale è 42,3% - spiega - che è più o meno nella media dell'Unione Europea, che si assesta sul 41,0%: in una ipotetica classifica siamo al settimo posto, con la Svezia in testa”. Ma, come sempre, i conti in Italia non tornano. E Pagliarini ci spiega il perché. “Il 42,3% - spiega – è un calcolo fatto dall'Istat, che però fa il conteggio in riferimento al Pil nazionale. Solo che nel Pil bisogna mettere anche l'economia sommersa, quella che comunemente chiamiamo “il nero”; chi opera in questo modo, però, non paga le tasse. A questo punto per sapere correttamente quanto incide la pressione fiscale sulle nostre tasche, bisogna togliere al Pil la parte non tassabile, il nero cioè. Sempre l'Istat, riferendosi al 2004, ha fatto una stima del nero pari al 18% del Pil: il risultato è che noi in realtà paghiamo un 51,6% reale di tasse”. Roba da strapparsi tutti i capelli per la rabbia, se si considera che la Svezia, al primo posto della classifica ufficiale, si ferma al 50,2%; senza considerare il livello di servizi offerti dallo Stato scandivano. “La pressione fiscale reale è più alta di quello che ci raccontano – sentenzia Pagliarini – e non è una mia ipotesi, visto che anche l'ordine nazionale commercialisti italiani aveva detto questo nel 1995, ed io parlavo di questo in una relazione di minoranza alla legge finanziaria già nel 1992”.

Come vengono spesi i nostri soldi? Più o meno buttandoli dalla finestra. “Il costo dei dipendenti dello Stato – continua Pagliarini - è superiore all'Irpef, l'imposta sui redditi”. Parole, parole, parole, nella maggior parte dei casi pure sbagliate. “Dovrebbe essere vietato per i politici dire: io voglio diminuire le tasse, perché non significa nulla. Devi dire quale spese vuoi tagliare, perché le tasse servono per le spese. Così sono capaci tutti – conclude Pagliarini – ed è un atto di malafede”. Ma, nonostante tutto, le tasse aumentano. Dicevamo che sono, al momento 67. Tra queste ci sono i curiosissimi “Diritti mattatoi” e l'assolutamente iniqua imposta sulla birra: almeno lasciaci bere per dimenticare.


tratto da "l'Opinione.it"

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