venerdì 26 ottobre 2007

“E’ una follia vendere i gioielli di famiglia per ridurre il deficit pubblico”

Intervista a Giancarlo Pagliarini

“Che cosa penserebbe lei se il Comune di Bologna decidesse di vendere piazza Maggiore per far diminuire il deficit pubblico? Ecco, io penso che sarebbe una follia”. Usa proprio questo termine “follia”, Giancarlo Pagliarini l'ex ministro al Bilancio nel governo Berlusconi per spiegare le ultime idee rilanciate da Veltroni in materia di riduzione del debito. Secondo il segretario del Pd, “l'Italia deve ridurre il debito e il modo per arrivare a questo risultato è rendere disponibile per vendite e valorizzazioni una parte del patrimonio di cui il paese dispone”. Giulio Tremonti qualche giorno dopo la dichiarazione di Veltroni ha puntualizzato che era stato il governo Berlusconi a lanciare quell'idea. Pagliarini, che oggi parteciperà al convegno “Le tasse non sono bellissime”, organizzato nella sede milanese de l'Opinione, giudica “una sciocchezza” quell'idea.
È in disaccordo sia con Veltroni che con Tremonti?
Quando qualcuno dice una sciocchezza non mi interessa sapere di quale schieramento è. E l'idea di diminuire il debito pubblico vendendo i gioielli di famiglia è una sciocchezza.
Eppure qualcosa bisogna pur fare..
Sono d'accordo. Anche perché non è certo vero che le tasse sono bellissime, come ha detto Padoa Schioppa. Anzi, meno sono e meglio è per tutti, ma bisogna trovare un modo razionale per diminuire il deficit pubblico, obiettivo che per il Paese dovrebbe essere primario.
Qual è la situazione italiana?
L'Italia ha un deficit pubblico enorme, come confermano anche gli ultimi dati Istat. È una situazione che ha origine lontane. Nel 1992 quando lo stato si ritrovò senza soldi per pagare le pensioni, iniziò la privatizzazione. Nel programma elettorale della Cdl si decise di vendere i beni patrimoniali alienabili, salvo scoprire poi che erano quasi tutti in mano ai Comuni. Intanto, il deficit aumentava.
A cosa è dovuta questa situazione?
Al fatto che siamo poco competitivi, le aziende che hanno denaro da investire non vengono in Italia, dove rischiano di non sopravvivere alle tasse.
Per recuperare il deficit, una soluzione diversa dalla vendita del patrimonio immobiliare esiste?
Occorre cambiare la gestione dello Stato in materia di imposte. Gli strumenti potrebbero essere due: una è la flat tax, rilanciata da Capezzone, che prevede una tassa fissa intorno al 20 per cento. L'altra è l'introduzione del federalismo fiscale, come accade in Svizzera, dove i cantoni si fanno concorrenza.
Nel dettaglio, come ci si potrebbe arrivare?
Attraverso il federalismo fiscale. Le tasse statali dovrebbero essere solo due: la prima per i servizi che le istituzioni rendono ai cittadini, che comunque devono essere valutati a costi standard, in modo da raggiungere sempre determinati costi. La seconda, invece, riguarda, la solidarietà e la perequazione: i cittadini, in base al Pil pro capite e tendendo conto del potere d'acquisto e non del valore nominale dell'euro, possono contribuire a far star meglio chi è più povero.
Per il resto, invece?
Tutto il resto diventerebbe di competenza delle Regioni e dei Comuni. Quindi ogni Regione potrebbe decidere quante tasse applicare, in un regime di libera concorrenza. E il patrimonio statale e immobiliare non verrebbe venduto. Con buona pace di bolognesi, milanesi o romani, che non sarebbero costretti ad assistere alla vendita a chissà chi dei loro gioielli di famiglia.

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