domenica 30 settembre 2007

FINANZIARIA/ CAPEZZONE: DELUDENTE, PER WELFARE MA ANCHE PER FISCO

Roma, 30 set. (Apcom) - "C'è da rimanere a dir poco sorpresi leggendo le valutazioni trionfalistiche che il Governo, a cominciare dallo stesso Prodi, esprime sulla propria finanziaria. A me pare che la proposta di legge di bilancio sia assolutamente deludente, e non solo per la questione del welfare, ma anche per il tema fiscale". Lo sostiene Daniele Capezzone, promotore di Decidere.net e presidente della commissione Attività produttive della Camera.
"Rispetto alle tasse sulle imprese - osserva Capezzone - si è adottata una soluzione omeopatica, minimalista: ed è addirittura imbarazzante fare un confronto con la Germania che ha tagliato di 9 punti le tasse sulle imprese. Sulla tassazione relativa alle persone fisiche, nulla. E invece sarebbe stato necessario fare molto, proprio per rilanciare i consumi. Insomma, un quadro desolante, lontanissimo dalla radicalità delle riforme necessarie".
"Torno a ribadire - afferma ancora Capezzone - che servirebbe, ed è praticabile, lo abbiamo dimostrato ieri noi di Decidere.net, una flat tax al 20%. In cinque anni ci si può arrivare, attraverso un taglio di spesa pubblica dello 0,4% l'anno. La rivoluzione fiscale è possibile: questa finanziaria invece, non è solo 'leggera', ma debole".

sabato 29 settembre 2007

E Capezzone rilancia: tassa al 20% per tutti ecco come si può fare


Questa Finanziaria «è un provvedimento debole, debolissimo, di pura sopravvivenza per il governo; e sul piano fiscale di un minimalismo omeopatico che non serve a nulla e a nessuno». Usa il suo abituale tono pacato ma tagliente, Daniele Capezzone, presidente della commissione Attività produttive della Camera. Ma quelli che fa piovere sulla stessa maggioranza di cui fa parte sono autentici macigni. «Il Paese ha bisogno di uno choc fiscale capace di farci voltare pagina», aggiunge. L’esponente della Rosa nel pugno è salito ieri a Milano per presentare nella capitale economica il suo network di pensiero liberale Decidere.net insieme con il progetto di una flat tax, ovvero di una tassazione dei redditi con aliquota unica del 20%. Progetto che, come spiega l’onorevole Antonio Martino, «costituisce un’idea semplice, accattivante, facile da capire e che tra l’altro era già nel programma di Forza Italia del ’94.

Un progetto non utopico, non velleitario. Un progetto, insomma, che si può fare. E se non da noi, da chi? E se non ora, quando?», si domanda (e domanda) l’ex ministro inglobando nel duplice interrogativo l’implicito auspicio di una rapida fine dell’attuale governo. La risposta? Un prolungato ed entusiastico applauso.Le cifre della fattibilità le fornisce lo stesso Capezzone, spiegando come il costo del passaggio in un quinquennio a una tassazione con aliquota unica del 20% potrebbe essere coperto da un taglio della spesa pubblica dell’1% annuo, al netto della spesa per investimenti e interessi sul debito, con una riduzione della spesa pubblica complessiva, in rapporto al Prodotto interno lordo, dello 0,4% annuo, pari al 2% in cinque anni, ovvero dal 51% al 49%. Secondo Capezzone, infatti, «solo un’aliquota inferiore al 23% andrebbe a beneficio di ciascun contribuente», per arrivare così gradualmente all’auspicata flat tax del 20%. Il costo annuo di questa rivoluzione fiscale, che si gioverebbe peraltro del «verosimile recupero di gettito derivante dall’emersione di nuova base imponibile», sarebbe di 36 miliardi di euro, calcola l’esponente radicale. Che fornisce ovviamente anche la risposta con cui tappare la bocca ai tanti cacadubbi - infarciti di ideologia quanto privi di fantasia - sempre pronti a obiettare come farebbe il Paese a permetterselo. La ricetta è un mix tra diverse possibili voci di copertura.

Dall’abolizione di Province e Comunità montane (escluse le spese per il personale) si ricaverebbero oltre 6 miliardi di euro annui dal 2008; 14,5 sarebbero quelli che dalla stessa data avanzerebbero grazie all’abolizione dei trasferimenti alle imprese.
Ma è soprattutto sulla pubblica amministrazione che il network di Capezzone propone di intervenire con maggiore decisione. Il blocco del turn over del personale darebbe 12,5 miliardi annui dal 2009; la moratoria della contrattazione nel pubblico impiego ne varrebbe 9, a cui se ne potrebbero aggiungere 3 grazie allo sfoltimento del 70% delle consulenze esterne e ulteriori 6 - sempre annui - dalla risoluzione dei rapporti d’impiego precari. Cifre alle quali vanno anche sommati i vantaggi contabili derivanti dall’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile per tutti: ovvero 1 miliardo nel 2011 che a partire dal 2018 si tradurrebbe in una cifra annua di 7 miliardi. Una ricetta, insomma, quanto mai liberale. Forse troppo, in un Paese dove «liberalismo» è parola poco conosciuta. Nonché, da sempre, merce ancor più rara.
tratto da "Il Giornale"

sabato 22 settembre 2007

Domani la “Marcia per la tua pensione” organizzata da Decidere.net

Una nuova alleanza tra padri al fine di non costringere i giovani a firmare cambiali per far andare in pensione i genitori alla prematura età di 58 anni. E’ questo lo scopo che anima la “Marcia per la tua pensione. Nuove generazioni tagliate fuori?”organizzata per sabato pomeriggio 22 settembre a Roma da Decidere.net, il network messo su in pochi mesi da Daniele Capezzone nel tentativo di erodere e smantellare con tredici proposte alternative e soprattuto liberali ( i cosiddetti 13 cantieri per una politica ad alta velocità) l’ingessata impalcatura politica che, tenuta in scacco dalla sinistra radicale, sta precludendo al nostro paese qualsiasi forma di rilancio economico e di modernizzazione, impoverendolo e relegandolo all’ultimo posto dei paesi occidentali sulle spalle dei cittadini. Lunga ed in continuo aggiornamento la lista delle associazioni e dei singoli, parlamentari e non, che hanno aderito alla manifestazione sulla previdenza. Un consenso che ha addirittura indotto l’organizzazione a modificare la tabella di marcia invertendo i luoghi di partenza e di arrivo per motivi di contenimento. Un dato salta agli occhi. Nonostante la chiamata rivolta da Capezzone a chiunque, senza differenze di schieramento politico, intenda confrontarsi sule 13 questioni concrete e sulle rispettive praticabili soluzioni, la presenza di Marco Pannella e dei Radicali italiani non bilancia a sinistra la nutrita adesione di think-tank, fondazioni e parlamentari di centro destra presenti alla marcia che dal Pantheon, dopo i numerosi interventi, arriverà a Piazza Fiume dopo aver sostato davanti alla sede della CGIL (la Cisl, puntualizzano a Decidere.net, ha quantomeno cercato di contenere i danni della controriforma pensionistica). Tra le firme e gli interventi previsti spiccano, tra le numerose altre, quelle di Italo Bocchino e Maurizio Gasparri di An, l’azzurro Benedetto Della Vedova presidente dei dei Riformatori liberali, Maurizio Sacconi di FI, Antonio Del Pennino del Pri il senatore di FI Marcello Dell’Utri, l’ex ministro leghista Giancarlo Pagliarini, gli azzurri Battista Caligiuri e Stefania Prestigiacomo e Nino Paravia di An. E ancora, Forza Italia giovani, Federazione giovanile socialisti italiani, Circoli del buon governo, Giovani D.C., Nuovo movimento Giovani Socialisti, nuovo Psi, Federazione giovanile repubblicana, Partito Liberale Italiano, Riformismo oggi, Menostato.it, TuaPensione.it, Unione per le libertà, Liberali Lombardi. Una fotografia che conferma la naturale e maggiore contiguità dell’ex segretario dei radicali italiani e della sua linea politica con la Casa delle libertà dove le pur presenti componenti retrogade, corporativiste, stataliste e refrattarie alle scelte liberali, sono comunque molto più esigue rispetto al conservatorismo che impera nella coalizione di centrosinistra. Significativa dunque la decisione di avviare il percorso riformatore della “politica ad alta velocità” proprio dal settore previdenziale, quello cioè che maggiormente rischia di mettere un tappo sulla testa dei giovani e “tagliare fuori le nuove generazioni” perché, come spiega Capezzone “ l’aspetto inaccettabile della controriforma delle pensioni recentemente annunciata sotto dittatura della sinistra comunista e del sindacato consiste nella direzione di marcia, opposta a quella seguita nei maggiori paesi occidentali. Ovunque tenendo conto delle tendenze demografiche l’età pensionabile sale e le opinioni pubbliche accettano un piccolo sacrificio in più mentre qui si è scelto di attaccare la parte più convincente della riforma preesistente e di impiegare risorse pubbliche, praticamente una manovrina, per abbassare l’età pensionabile”. Non solo, Capezzone evidenzia le storture e le ombre di una riforma nata dal “tentativo di disincentivare tutte le forme di lavoro flessibile per un evidente pregiudizio ideologico” e che rischia di trasformarsi in “un potente incentivo all’allargamento dello spazio del lavoro sommerso” poiché “la gran parte del costo graverà sulle spalle dei lavoratori flessibili che subiranno un aumento dei propri contributi previdenziali fino al 26,5%. Per cui un giovane di 25 anni dovrà versare un quarto del suo stipendio in contributi per pagare la pensione ad un 58enne che cercherà comunque un lavoro in nero”. Scontato che tali argomentazioni facciano breccia tra le principali fondazioni e associazioni liberali e liberiste tra i cui esponenti compaiono come firmatari e relatori Alberto Mingardi dell’Istituto Bruno Leoni. Adesioni anche da Angelo Mellone di Fare Futuro, da Tocqueville.it, Competere, Coalizione Generazionale, Movimento Giovanitaliani, Partito Giovani, Alternativa studentesca, Destra liberale italiana, Movimento libertario, Italia 2020, Lombardia Domani, oltre a Giulio Di Donato di Riformismo Oggi, Paolo Messa direttore di Formiche, e da giornalisti come Maria Giovanna Maglie, Giordano Bruno Guerri, Arturo Diaconale. E’ prematuro parlare di bilanci ma è certo che il consuntivo iniziale è in attivo per Capezzone che, nel giro di due mesi, ha tagliato i ponti con l’immobile esecutivo e con la coalizione di cui fa parte e messo a punto un programma minimo, se confrontato con quello mastodontico di Prodi, ma i cui 13 punti qualificanti basterebbero ad invertire la rotta che sta trascinando l’Italia in un sonno devastante. E l’obiettivo non è minimale.
tratto da "L'Opinione"

venerdì 7 settembre 2007

Enrico Musso appoggia Decidere.net!

Con questa lettera Enrico Musso rende pubblico il suo appoggio al network Decidere.net

Genova, settembre 2007
Sono molto contento che stia per nascere ufficialmente DecidereGenova.net, che Daniele Capezzone presenterà alla stampa l’11 settembre 2007 all’Hotel Bristol (via XX Settembre 35, Genova, ore 11).

Decidere.net è un movimento liberale. E di idee liberali davvero, e non solo a parole, in Italia c’è sempre più bisogno. Si propone 13 chiari obbiettivi, fra i quali la diminuzione del carico fiscale attraverso l'introduzione della tassa piatta al 20% e un sistema pensionistico e di welfare più equo attraverso il graduale innalzamento dell'età pensionabile e l'introduzione di un vero sussidio di reinserimento al lavoro.Appoggerò le iniziative di Decidere.net che potranno dare un contributo liberale al rinnovamento della politica italiana e genovese. Spero che qualcuno degli oltre 142 mila Genovesi che mi hanno fatto l’onore di scegliermi come Sindaco della loro città voglia partecipare alla presentazione dell'11 Settembre e/o alle prime iniziative politiche di Decidere.net: la manifestazione nazionale (Roma, sabato 22 settembre 2007) per l'innalzamento dell'età pensionabile, e il convegno di Milano (sabato 29 settembre 2007) sull'abbassamento delle tasse (per informazioni e dettagli scrivete direttamente a info@decideregenova.net).
Naturalmente, io continuo a lavorare, come consigliere comunale di Genova, nel ruolo istituzionale che la legge assegna al candidato della coalizione minoritaria, navigando di conserva con le forze che mi hanno lealmente e appassionatamente sostenuto, mancando di poco l’elezione a Sindaco ma portando comunque questa candidatura ad un risultato quasi storico per Genova.

Confido che in un prossimo futuro le forze portatrici di idee autenticamente liberali, indipendentemente dalla loro collocazione politica attuale, possano tutte insieme dar vita ad un centrodestra moderno, unitario, innovativo.

Enrico Musso

martedì 4 settembre 2007

C’è chi parla solo e chi paga e basta

I politici discutono perché non sanno che pesci prendere e noi veniamo massacrati dalle tasse


Parole, parole, parole. Il grande successo di Mina è tornato di moda nella nuova cover proposta dalla sinistra italiana. Veltroni, Prodi, Padoa-Schioppa, Bertinotti, Diliberto, Ferrero e così via: tutti, ma proprio tutti hanno voluto pronunciare una qualche parola sulle tasse. Chi le vuole di più. Chi le vuole di meno, chi le vuole solo per Berlusconi, chi le vuole solo per Valentino Rossi. E mentre prima provavano a fregarci proponendo una quantità incredibile di numeri per confonderci, adesso non fanno più nemmeno quello: via i numeri, rimangono solo le parole. Quelle di Veltroni che chiede segnali di allentamento della pressione fiscale, quelle di Prodi che dice “prima i conti pubblici” e quelle di Gavino Angius che chiede i due si mettano d'accordo su “come governare l'Italia”. Parole, parole, parole.

E poi ci siamo noi, che delle parole non ne possiamo più, perché mentre loro parlano, noi paghiamo le tasse. E ne paghiamo sempre di più. Tasse, tasse, tasse. E' questo il nostro triste ritornello quotidiano. Ed ogni giorno che passa mentre loro fanno una dichiarazione, noi paghiamo una nuova imposta. Al momento ne abbiamo 67, di cui alcune addirittura non danno gettito: lo Stato spende per riscuoterle più di quanto incassa. Per tacere poi del fatto che i nostri stipendi crescono ad un ritmo bassissimo, mentre il costo della vita corre veloce. E se poi vogliamo parlare della casta e di tutti i soldi che sprecano, considerate che la pubblica amministrazione costa in media ad ogni cittadino 5.564 euro: solo in Francia costano di più, a fronte – però – di un servizio nettamente migliore. Ed i mutui intanto crescono: secondo l'Adoc (associazione dei consumatori) quelli variabili potrebbero aumentare fino a 700 euro l'anno. Ma loro, coloro che ci governano, chiacchierano. E le tasse aumenteranno ancora. Ma come se non bastasse, paghiamo ancora di più di quello che crediamo di pagare.

Il perché ce lo spiega Giancarlo Pagliarini, ministro al Bilancio del primo Governo Berlusconi. “La pressione fiscale ufficiale è 42,3% - spiega - che è più o meno nella media dell'Unione Europea, che si assesta sul 41,0%: in una ipotetica classifica siamo al settimo posto, con la Svezia in testa”. Ma, come sempre, i conti in Italia non tornano. E Pagliarini ci spiega il perché. “Il 42,3% - spiega – è un calcolo fatto dall'Istat, che però fa il conteggio in riferimento al Pil nazionale. Solo che nel Pil bisogna mettere anche l'economia sommersa, quella che comunemente chiamiamo “il nero”; chi opera in questo modo, però, non paga le tasse. A questo punto per sapere correttamente quanto incide la pressione fiscale sulle nostre tasche, bisogna togliere al Pil la parte non tassabile, il nero cioè. Sempre l'Istat, riferendosi al 2004, ha fatto una stima del nero pari al 18% del Pil: il risultato è che noi in realtà paghiamo un 51,6% reale di tasse”. Roba da strapparsi tutti i capelli per la rabbia, se si considera che la Svezia, al primo posto della classifica ufficiale, si ferma al 50,2%; senza considerare il livello di servizi offerti dallo Stato scandivano. “La pressione fiscale reale è più alta di quello che ci raccontano – sentenzia Pagliarini – e non è una mia ipotesi, visto che anche l'ordine nazionale commercialisti italiani aveva detto questo nel 1995, ed io parlavo di questo in una relazione di minoranza alla legge finanziaria già nel 1992”.

Come vengono spesi i nostri soldi? Più o meno buttandoli dalla finestra. “Il costo dei dipendenti dello Stato – continua Pagliarini - è superiore all'Irpef, l'imposta sui redditi”. Parole, parole, parole, nella maggior parte dei casi pure sbagliate. “Dovrebbe essere vietato per i politici dire: io voglio diminuire le tasse, perché non significa nulla. Devi dire quale spese vuoi tagliare, perché le tasse servono per le spese. Così sono capaci tutti – conclude Pagliarini – ed è un atto di malafede”. Ma, nonostante tutto, le tasse aumentano. Dicevamo che sono, al momento 67. Tra queste ci sono i curiosissimi “Diritti mattatoi” e l'assolutamente iniqua imposta sulla birra: almeno lasciaci bere per dimenticare.


tratto da "l'Opinione.it"